Con questo primo racconto, a firma del socio Giuseppe Trapani, già Direttore di Trenitalia Trasporto Regionale Sicilia e Preside del C.I.F.I. Palermo, inauguriamo la nuova rubrica "Memorie di vita ferroviaria", in cui raccoglieremo testimonianze di vita vissuta "sul binario". La rubrica è aperta al contributo di tutti coloro, ferrovieri in attività o in pensione, che vorranno inviarci le proprie storie personali (all'indirizzo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. ). I racconti pervenuti, possibilmente corredati da immagini, saranno valutati dalla nostra Redazione per la pubblicazione sul portale SiT. Vi lasciamo all'articolo, buona lettura!

Qualche giorno prima del Natale del 1976, in tarda serata squillò il telefono. Anche se la cosa era quasi abituale per me, allora responsabile della Sezione Trazione di Paola, una chiamata notturna era sempre motivo di una certa apprensione, specialmente nel periodo dei treni straordinari provenienti dall'estero. Il traffico già intenso della linea tirrenica meridionale, nella settimana precedente il Natale cresceva ulteriormente perché, ai numerosissimi treni passeggeri a lungo percorso e merci derrate, si aggiungevano i treni straordinari per i lavoratori emigrati in Germania, Belgio, Francia e Svizzera che rientravano per trascorrere il periodo festivo con le famiglie.

Per fronteggiare la punta di traffico le società ferroviarie europee impegnavano tutte le risorse disponibili, anche se prive dei requisiti normalmente richiesti per i servizi internazionali. Da Paola si poteva assistere al transito ininterrotto di strane composizioni di panciute vetture francesi, leggere vetture vicinali svizzere, tradizionali vetture belghe o moderne vetture tedesche con carrelli MD, al traino del più vario campionario di locomotive elettriche del parco FS, comprese le E 428 da tempo non utilizzate più sulla Battipaglia - Reggio Calabria.

Non tutte le vetture disponevano di riscaldamento elettrico a 3000 V e per le composizioni che ne erano prive si programmava il riscaldamento a vapore con carro riscaldatore del tipo Vrz il cui disegno, stralcio da una tavola di uno dei gloriosi album pubblicati e allora costantemente aggiornati dal Servizio Materiale e Trazione di Firenze, è mostrato in figura.

Esternamente simili ai bagagliai, questi carri riscaldatori erano stati costruiti alla fine degli anni ’30 in concomitanza con l’estensione della trazione elettrica alle principali linee quando ancora non tutte le vetture erano dotate di riscaldamento elettrico. Grazie ai carrelli ABM erano in origine ammessi a viaggiare alla velocità massima di 140 Km/h ridotta in seguito a 120.

Al centro del veicolo era montata una caldaia derivata, o addirittura recuperata, da quelle delle piccole locomotive tender da manovra; a una estremità era collocata la cassa contenente l’acqua di alimentazione, all’altra la cassa per il carbone.

Tutto questo scenario operativo non poteva non allarmarmi quando avevo sentito lo squillo del telefono e la successiva comunicazione confermava i peggiori presentimenti: l'addetto di un carro riscaldatore di un treno proveniente dall'estero, forse dal Belgio, e diretto in Sicilia era stato ricoverato in ospedale perché in arrivo a Paola era caduto dal veicolo nella cui caldaia si era prodotta un'apertura con copiosa perdita di vapore.

Mi avviavo subito per avere altre notizie sull'infortunio e sull'incidente che lo aveva prodotto. E' appena il caso di ricordare che prima dei telefoni portatili e degli smartphones le comunicazioni erano "discontinue". Giunto in stazione non trovavo nessun treno, tutto era normale tranne un mucchietto di carbone fumante nell'interbinario. Il Capo Deposito del turno serale, che pure si era precipitato in stazione, mi avvisava di avere "gettato il fuoco" per spegnere la caldaia e di aver fatto proseguire il treno senza riscaldamento. Durante il percorso per l’ospedale, che si trova nella parte alta della cittadina, il Capo Deposito formulava alcune ipotesi sulla causa dell'incidente, ma nessuna ci appariva del tutto convincente.

All’ingresso del pronto soccorso il medico di guardia ci rassicurava sulle condizione generali dell’infortunato e con molta gentilezza ci invitava a seguirlo nella camera dove lo stesso era stato ricoverato.

Appena entrati nel corridoio del reparto ci giungeva una voce concitata che ripeteva in continuazione la frase “Hiroshima e Nagasaki, Hiroshima e Nagasaki,.....”. Chi gridava era proprio il nostro uomo, un giovanissimo napoletano che seduto sul lettino con gli occhi sbarrati e l’espressione stravolta era assistito da un infermiere.

Il medico precisava che l’addetto al carro riscaldatore era giunto in uno stato di leggera ipotermia, senza lesioni o ustioni, ma in preda a una grande agitazione, come potevamo constatare.

Con le precauzioni del caso, a poco a poco, riuscivamo a calmarlo di quel tanto che gli permetteva di presentarsi come un Ausiliario assunto da qualche mese presso il Deposito Locomotive di Napoli. Dopo una breve formazione era stato abilitato alla conduzione delle caldaie a vapore e quella sera era stato assegnato all’accudienza di un carro Vrz aggiunto a Napoli per il riscaldamento fino a Villa San Giovanni di un treno straordinario proveniente dall’estero.

Aveva scrupolosamente mantenuto alta la pressione in caldaia per assicurare il massimo comfort agli stanchi viaggiatori nella gelida notte invernale con il proposito di aumentare gradatamente l’erogazione del vapore agendo sul volantino del rubinetto della presa vapore.

Ad un certo punto aveva ruotato il volantino con grande energia nella convinzione di dare la massima portata, ma l’intero rubinetto si era svitato dal tubo di presa facendo fuoriuscire in maniera quasi esplosiva il contenuto della caldaia.

Si può immaginare il terrore che abbia preso il giovane nel trovarsi all’improvviso in mezzo ad una calda nube impenetrabile nel buio della notte mentre tutto il vapore prodotto finiva all’interno del carro.

Per sottrarsi al getto ad alta temperatura non trovava altra soluzione che aprire il portellone laterale e sporgersi all’esterno mantenendosi aggrappato al corrimano.

Al momento del guasto presumibilmente il treno si trovava in vicinanza di Scalea e da lì l’addetto era rimasto appeso all’esterno del carro fino all’arrivo a Paola, dove quasi assiderato si era accasciato stremato dallo sforzo.

Quello che più l’aveva sconvolto era stata la violenza della fuoriuscita di vapore tanto da fargli ripetere ancora di tanto in tanto “Hiroshima e Nagasaki”.

L’epilogo della disavventura è stato certamente in linea con il clima natalizio di quei giorni. Rinfrancato e rincuorato, dopo una notte di riposo in ospedale, l’Ausiliario, di cui mi spiace di non ricordare il nome, è stato dimesso ed è rientrato a casa. 

Immagino che non abbia dimenticato e che di tanto in tanto racconti ai nipotini di come abbia vissuto l’incubo atomico in una tranquilla notte invernale lungo le coste calabresi.

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