Nell’articolo dedicato al primo chilometro della linea Castelvetrano – Porto Empedocle abbiamo utilizzato le dizioni “acquedotto” e “tombino” così come rilevate dalle tavole originali con i grafici della linea.
Come forse avete avuto occasione di vedere personalmente consultandole, nelle vecchie tavole delle Ferrovie dello Stato la linea era descritta geometricamente con un profilo longitudinale al di sopra del quale erano riportati i corrispondenti stralci cartografici con l’andamento planimetrico. In tali disegni sono riportati i vari manufatti presenti lungo linea ed in particolare quelli in corrispondenza delle interferenze tra il tracciato e la rete idrografica.
Risulta immediato pensare ai ponti necessari per il superamento di corsi d’acqua della consistenza di torrenti e fiumi. Nel primo tratto della Castelvetrano – Porto Empedocle sono presenti due manufatti notevoli di questo tipo, esemplificativi di due diverse tipologie: il ponte sul fiume Modione al km 4+929 ed il ponte sul fiume Belìce al km 15+685.
Il primo è un’opera in muratura ed è così indicato nel profilo: “Viadotto a 5 arcate di m 10.00 ciascuna”. Il secondo è un “Ponte in ferro di m 50”, ad unica campata. Di entrambi nella galleria di immagini potete vedere le foto e la rappresentazione grafica nel profilo.
In effetti, molto numerose sono le interferenze con la rete idrografica minore, determinate dalle ondulazioni del terreno più o meno pronunciate, sino a diventare vere e proprie incisioni, corrispondenti agli impluvi lungo i quali avviene la concentrazione delle acque che, in seguito agli eventi meteorici, iniziano a ruscellare sulla superficie del terreno ormai saturo.
In corrispondenza degli impluvi la linea ferroviaria passa in rilevato, quindi a quota maggiore di quella del terreno, in modo che sia garantita la continuità della via di scorrimento dell’acqua. A protezione del rilevato ferroviario, viene realizzato un manufatto, appunto un “acquedotto” o un “tombino” o, ancora, un “ponticello”, di dimensione e configurazione adeguate a impedire l’erosione del rilevato.
Dalla osservazione delle tavole della linea si può dedurre che le varie dizioni erano associate essenzialmente alle dimensioni della luce, cioè della ampiezza trasversale libera. I manufatti con luce libera sino a 1,00 metro sono indicati come tombini, mentre quelli con luce superiore sono indicati come acquedotti o ponticelli.
Un esempio di tombino è quello al km 15+142 (vedi immagini), costituito da spallette in conci di pietra e piattabanda orizzontale a copertura della luce di 0.80 m.
Gli acquedotti ed i ponticelli, con luci maggiori, spesso risultano di altezza adeguata anche al passaggio di persone e mezzi. Ad esempio, al km 5+174 si rinviene un “acquedotto di m 2.00” con struttura interamente in muratura di pietrame, la cui luce è sormontata da un arco ribassato e la cui altezza consente il transito. Esso è graficamente rappresentato nella stesso stralcio in cui si vede il ponte sul fiume Modione.
Al km 11+784 (vedi immagini) è presente un “ponticello sottopasso di m 3.00” la cui doppia funzione è indicata già in profilo. L’altezza del manufatto e del rilevato adiacente, come si vede in foto, richiede la realizzazione di muri d’ala, di contenimento del rilevato.
Infine, è ragionevole ipotizzare che molti tombini servissero per garantire la continuità ai canali irrigui. Infatti, è noto che nella nostra isola è tradizionale la pratica irrigua a scorrimento, attuata mediante reti di “canalette”. A questi casi, in cui l’entità delle portate è controllata, vanno ascritti i tombini di dimensioni minime. Un esempio è quello con luce 0.80 m al km 8+875 (vedi foto).