Abbiamo ritenuto interessante, per chi segue l’attività di Ferrovie di Selinunte volta a riportare in vita la ferrovia Castelvetrano – Porto Empedocle a partire dal tratto che si sviluppa nel territorio comunale di Castelvetrano, pubblicare una serie di articoli in cui descriveremo in maniera dettagliata la linea, così come si presenta nello stato attuale.
In questi articoli, corredati da immagini che ricalcano lo stato attuale della ferrovia e rinominate in base progressiva chilometrica, seguiremo il tronco di linea dalla sua progressiva iniziale (km 0+000 – coincidente con il fabbricato viaggiatori di Castelvetrano) fino alla progressiva km 15+550 (ponte sul fiume Belìce), segnalando manufatti, interferenze, opere d’arte, problematiche e criticità, in generale ogni elemento utile a descriverne lo stato di conservazione ed utilizzando l’ipotesi del ripristino dell’esercizio ferroviario come chiave di riproposizione e di lettura delle informazioni.
In questo primo articolo tratteremo il tronco che va dal km 0+000 fino al km 1+202 (P.L. di via Mattarella). Partiamo dunque dall’inizio, il punto “0” della nostra amata ferrovia. Siamo sulla linea mediana del F.V. della stazione di Castelvetrano che ancora serve la linea a S.O. Palermo-Trapani. I tre binari dello scartamento ridotto, provenienti dal dismesso Deposito Locomotive, sebbene interrotti all’altezza del piano caricatore a causa di uno strato di asfalto che li ha parzialmente ricoperti, giunti in prossimità della banchina che serviva i treni per Agrigento, riaffiorano e fanno ancora bella mostra di se, nonostante i detriti accumulatisi nel corso dei decenni e la vegetazione infestante, che ha fatto crescere perfino un’albero in mezzo a un binario!
Quasi subito dopo gli aghi degli scambi che raccordano i binari sul corretto tracciato la linea inizia a degradare correndo parallela, per un tratto, alla ferrovia Palermo-Trapani. Giunti alla progressiva km 0+200,43, entrambe le strade ferrate scavalcano, grazie a un sottovia in muratura, la via Minghetti, portandosi sul caratteristico tratto in rilevato e muro di contenimento che costeggia la via Diaz. Su questo da rilevare un acquedotto presente al km 0+226.
Le due linee proseguono affiancate fino a un secondo sottovia, al km 0+341, che serve la via Milano. Da qui in poi il tracciato dello scartamento ridotto piega dolcemente verso est affrontando una livelletta più accentuata. Recentemente, i lavori di allargamento di via Diaz, hanno comportato una rimodulazione della fascia di pertinenza ferroviaria. A seguito di questa variante, il binario a scartamento ridotto è stato rimosso da dopo il sottovia di via Milano e sono stati eliminati (apparentemente) i tombini presenti alle progressive km 0+381 e 0+428. Ricordiamo a tutti che questa modifica, sottoposta a una nostra valutazione, non sembra aver compromesso la possibilità del ripristino della livelletta ferroviaria in quel punto.
Si giunge così alla progressiva km 0+576, dove il P.L. attualmente esistente su via San Martino un tempo era doppio e serviva anche la nostra ferrovia per Agrigento oltre quella per Trapani.
Attualmente il binario qui è stato asportato e, subito dopo il P.L., vi è un tratto di alcuni metri in cui si è mantenuto il sedime ferroviario, perimetrato da muretti e recinzioni e sui quali probabilmente insiste ancora un tombino alla progressiva km 0+586. Veniamo così alla prima, importante soluzione di continuità della ferrovia, una delle criticità più evidenti (anche se forse non la più difficoltosa): al km 0+606 una stazione di servizio con impianto distribuzione carburante, prendendo in affitto l’area di proprietà delle Ferrovie, ha rimosso rilevato e binario per un tratto di circa 140 m. Come dicevamo, tale interruzione, visti gli ampi spazi del circondario e la natura prefabbricata di tutte le strutture costituenti la pompa di benzina, restituisce una valutazione “realistica” sul livello di difficoltà in ottica di ripristino per nulla eccessiva.
Superato questo tratto demolito, la linea riprende, su rilevato, la sua discesa presso il km 0+746 e ci si imbatte poco dopo in un attraversamento pedonale quasi sicuramente realizzato in epoca successiva alla chiusura della tratta. Superato un acquedotto alla progressiva km 0+839, la linea, ancora armata, entra in una generosa trincea e, passando tra alcuni campi sportivi e lambendo l’ospedale di Castelvetrano, curva nettamente verso est. In questo tratto, più volte manutenuto per questioni igieniche anche in epoca recente dalle Ferrovie, l’unica criticità è costituita da un muro pericolante di una vecchia struttura dismessa interna all’area dell’ospedale.
La ferrovia giunge così, in curva, al suo primo chilometro di sviluppo e attraversa la via Mattarella alla progressiva km 1+202, un interferenza importante con la viabilità, sottolineata dalla presenza di un casello venduto a privati e recentemente restaurato.
A margine di questo primo articolo, evidenziamo che le dizioni “acquedotto” e “tombino” che abbiamo utilizzato nel testo sono fedelmente riprese dal profilo della linea. Si tratta in entrambi i casi di manufatti di piccole o medie dimensioni costruiti per risolvere le interferenze planimetriche tra il tracciato e la rete idrografica naturale. Sulla figura con lo stralcio planimetrico relativo al primo tratto tali manufatti sono evidenziati con linea celeste.
Occorre considerare che al momento della costruzione la ferrovia Castelvetrano – Porto Empedocle si sviluppava in aree non ancora urbanizzate, solcate da impluvi naturali di varia consistenza. Per acquedotto o tombino si deve quindi intendere un manufatto in grado di consentire che le portate convogliate dagli impluvi e ruscellanti sulle superfici a monte della linea ferroviaria possano passare a valle della stessa senza provocare danni alla struttura ferroviaria. Dalla lettura delle caratteristiche dei manufatti riportate nel profilo, dove di ciascuno è specificata la larghezza, si evince che per larghezze inferiori a 1,00 m sono indicati i tombini mentre per luci di 1,00 m o più sono indicati gli acquedotti. Questa distinzione corrisponde a differenti tipologia costruttive: i manufatti realizzati, ancora esistenti, per risolvere questo aspetto saranno oggetto di uno specifico articolo.
Evidentemente, in corrispondenza di alvei di veri e propri corsi d’acqua l’intersezione viene risolta con un viadotto, ad una o più luci, con strutture ingegneristicamente impegnative che spesso, come vedremo nei prossimi articoli, si inseriscono perfettamente nel paesaggio, caratterizzando in modo inscindibile il connubio ferrovia – territorio.
Infine, evidenziamo che nel linguaggio comune si chiama (erroneamente) tombino il coperchio metallico che chiude l’accesso ai pozzetti stradali: tale elemento in effetti si chiama chiusino.